Whenever I have a new story or poem to write, the first thing I do is settle down with a pen and a pad of paper (they still make those!) and call my very imaginative and creative husband to my side. Then we brainstorm, grabbing every out-there idea that comes into our heads until we have a list of thirty or so idea nuggets, titles, characters, scenarios, and snippets.

It was during such a brainstorming session — this one for the book of poems Lizard Lou — that my husband came up with the title “No Water River,” and I was hooked. I knew I had to write a poem called “Down by the No Water River,” and that it had to be about a fantastical place where you could meet anyone and see anything, a place where everything could happen. I settled down to work…and that poem just would not come out. I teased and cajoled and commanded and got downright ornery, but that poem refused to be written. Weary and disgusted, I closed the notebook and threw it in a drawer.
Six months later, when I decided to start a videoblog to share some of my kids’ poems and picture book reviews, I wracked my brain to come up with a title for it, a snappy name that meant something to me. And of course, while out on a long nature walk with a friend, I finally remembered the title that had been silently mocking me for ages from its dark hideaway. Yes, the time had come to write that poem. And that poem would be my first post on my new blog.
It’s been another six months. I still don’t have that poem. It is the most stubborn poem I have ever not met. I’ve wheedled, I’ve whined, I’ve thrown tantrums, I’ve accused my husband of planting stagnant ideas in my head just to see me squirm. And all I’ve learned from my troubles is that
THIS. POEM. SHALL. NOT. BE. WRITTEN.
At least not right now, and at least not for this first post. So I’m forging ahead without it, kicking sand in its face, acting all nonchalant like I just don’t care. Because even if I don’t have that poem yet, I have the spirit of it…
a playground for the imagination.
And that’s what No Water River is all about.
Or will be. The words will eventually come. I’ll replace this post with my long-awaited poem, and then I’ll invite you to sit with me, Down by the No Water River, and imagine the possible.
Verso il fiume
Il gatto delicato, seduto sul selciato
Osservava pigro un gabbiano incauto
Le cui ali, il pennuto, sul liscio lastricato
Contorceva e agitava a mo’ di flauto
Il gatto delicato, sdraiato sul selciato
Occhieggiava annoiato un topino insano
La cui coda, tapino, ad ingannar il fato
Saltellar faceva sui tasti di un lieto piano
Il gatto delicato, stiracchiato sul selciato
Spiava incuriosito un gattino pel marrone
I cui baffi, come un cupo mare agitato
Ingarbugliati erano coi tasti del trombone
Il gatto delicato, coricato sul selciato
Scrutava meravigliato un allegro cavallino
Il quale, nitrendo stornelli a perdifiato
Gaudiosamente strimpellava col suo mandolino
Il gatto delicato, rannicchiato sul selciato
Squadrava divertito un’insolita carpa
Che, soave, come tutti i pesci del mare salato
Usava le sue pinne per pizzicare un’arpa
Il gatto delicato, sollevatosi dal selciato
Decise, d’impulso, colto da ilare arzigogolo
Di unirsi alla gita verso il fiume senza nome
E chiuse l’allegra fila tintinnando il suo triangolo.
Wow, now that’s a great comment! Grazie mille for the gorgeous poem — I’m off to translate it right now! Sei grande, insettino!
Hi Renee,
I wish you the best with your new blog. And let us know when “No Water River” is written!
🙂
Thank you, Colleen! If it ever gets written, it will be front page news!
Un uomo, un uomo solo
Ha fatto brillare il mio cuore
Il sorriso e le sue forti braccia
Mi hanno fatto scalare il cielo
La sua tiepida voce
Ha scaldato le mie prime notti
E le sue ampie spalle
Mi hanno mostrato il mondo
Adesso che son vecchio
Che so di non avere ali
Che ho di nuovo freddo
E il mio cuore ha smesso di brillare
Vado a cercarlo al vecchio fiume
che bella pagina Renée complimenti!
Grazie, Carla! Peccato che non leggi l’inglese…o peccato che non scrivo in italiano…!
Le ombre del giorno prima
L’uomo alto e calvo lesto mi superò
Lo osservai svoltare oltre l’angolo
E la sua ombra, pedissequa, seguirlo a ruota
Con folti capelli fluenti sfarfallanti al vento.
Mi imbattei in un ragazzino in bicicletta
Suonava incessantemente lo stridulo campanello
Ma non lo seguiva una bicicletta nera
Bensì una minuscola carrozzina ed un bebè strillante.
Poi scorsi un possente bulldog dai denti affilati
Lo osservai avvicinarsi ad un grande platano maestoso
Ma l’ombra che proiettavano non corrispondeva,
Il cane era un cucciolo e l’albero poco più che una canna ricurva.
Anche il grande gabbiano strillante
Piroettante tra i palazzi cittadini
Lasciava cadere a terra un’ombra affatto identica
Non era che un minuscolo pennuto spaurito
Mi avvicinai ad un donnone che spazzava la strada
Rallentai per osservarla meglio, caso mai fossi impazzito
Lei mi guardò con aria sorpresa su un viso rotondo e paffuto
Ma dietro la sua ombra era snella ed il volto ben tornito
Allora tremante, incredulo che ciò stesse accadendo
Mi recai in un piccolo giardino di mia conoscenza
Mi voltai lentamente e, magia, eccomi lì
A giocare con i sassi e le formiche assieme a mio fratello.
FUVOLE (PLOUDS)
Le fuvole, da piccoli,
era il nome che davamo
alle forme delle nuvole
come tante foto di panna montata
che una volta erano
volti, per poi divenire
granchi, rospi e squali affamati.
“Fuvole, fuvole”
urlavamo estasiati
“Quello è un campanile”
gridava mio fratello
“E quello è un gabbiano albino”
rispondevo io, gridando a più non posso.
Ecco un carro con i buoi,
quattro scimitarre senza fodero,
un galeone fantasma su onde di fuoco,
la lingua di una balena rimasta indietro.
Oh, che bello era, e quanta gente si fermava
Qualcuno vedeva due cipressi con sopra una coccarda
il torsolo di una mela con i semini sparpagliati
il collare di un cane seduto a testa china
una farfalla bucata con la testa di uno gnu
il dondolo della nonna senza sopra la nonna
una bandiera pirata con sopra un pomodoro
“Fuvole, fuvole”
gridavamo con lo sguardo verso il cielo
ed ecco che un signore intravedeva un gatto senza coda
un altro riconosceva un trenino a ruote quadre
la carrozzina di un bebè, il primo dentino ormai perduto
Poi, un giorno, arrivò una bambina
squadrò il cielo per lungo tempo, finché, d’incanto
un largo sorriso le illuminò il volto
“Vedete quello?” ci disse puntando un cirrocumulo sgaruffato,
“Quello è il cespuglio dietro il quale si nasconde la mia mamma”.
E felice corse lungo il pendio per sparire oltre la pineta
“Fuvole, fuvole”, canticchiò mio fratello
e lemmi lemmi ci avviammo verso casa.